La storia del gettone telefonico segue passo passo quella della telefonia italiana, che nel corso di poco più di un secolo è cambiata in maniera radicale, così come per molti altri paesi simili: gettoni e cabine telefoniche, di fatto strumenti complementari per poter effettuare telefonate al di fuori di uffici e abitazioni, molto prima della diffusione della telefonia mobile.
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Breve storia dei gettoni telefonici
Il gettone telefonico italiano ha fatto la sua “comparsa” nel 1927, creato dalla Stipel, ossia Società telefonica interregionale piemontese e lombarda, specificatamente creati per la Fiera campionaria di Milano, tenutasi in quello specifico anno. Questi telefoni “pubblici” potevano essere utilizzati all’interno della fiera, a scopo dimostrativo.
Tuttavia solo al termine del secondo conflitto mondiale il gettone, così come la telefonia, riuscì ad imporsi sul territorio nazionale: la TETI, azienda telefonica presente nelle regioni di Liguria, Toscana, Lazio e Sardegna (creata nel 1924 ed in seguito confluita nella SIP) fu la prima in Italia a sviluppare il modello di gettone con le iconiche scanalature che sarebbero state poi utilizzate anche da altre zecche fino al 1980, anche se i gettoni sono stati utilizzati fino ai primi anni del nuovo millennio.
A partire dal 1959 i gettoni iniziarono ad essere prodotti con quattro cifre su una delle superfici, a testimoniarne l’anno di produzione, con le prime due cifre che indicano l’anno e le ultime due il mese di produzione.
Gettone telefonico di valore
Un esemplare della Stipel del 1927 è molto raro è vale oltre 100 euro se in condizioni eccellenti. Tuttavia non si tratta della variante più rara e preziosa: un esempio sono quelli realizzati dalla sopracitata TETI nel periodo 1945 e 1946 in tre varietà e metalli differenti, alluminio, zinco e bronzo.
Quasi introvabile la prima tipologia di gettone in zinco, che se in condizioni particolarmente buone può arrivare a valere fino a 280 euro, mentre il valore cala sensibilmente per condizioni appena peggiori.