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Conto corrente, cosa succede se non lo chiudi? Ecco la risposta

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Il conto corrente è uno dei strumenti messi a disposizione da enti legati allo stato (principalmente banche, ma non solo) per gestire il denaro da parte di privati ed aziende. Principalmente adibiti alla funzione di risparmio di denaro, al quale sono collegati numerose altri strumenti e possibilità come l’emissione di assegni e l’utilizzo della moneta elettronica. Da qualche anno, parallelamente a quanto già accade in altri paesi, esistono conti correnti che non presentano veri e propri costi di gestione anche in Italia.

I titolari, definiti correntisti, firmano al momento dell’apertura del conto corrente un contratto per la tutela reciproca con l’ente. Ma cosa succede quando il conto non viene chiuso? Quali sono gli effetti?

Conto corrente, cosa succede se non lo chiudi? Ecco la risposta

Esattamente come per i libretti postali e qualsiasi altra forma dai strumento di risparmio, i conti correnti vanno incontro ad una “disattivazione” se non utilizzati (movimentati) per un lasso di tempo superiore ai 10 anni e se presenta un saldo superiore a 100 euro. Il conto successivamente viene chiuso, dietro opportuna comunicazione preventivamente presentata al titolare, a patto che non risultino condizioni come assegni non versati, saldo negativo, eventuali addebiti di utenze e simili. La chiusura viene ultimata solo con la restituzione di strumenti come carte/bancomat e assegni, oltre che alle già citate “pendenze” tra correntista e banca.

Le banche in Italia non possono applicare costi di gestione per conti dal saldo inferiore a 258,23 euro e che risultino non movimentati da oltre 1 anno.

Il correntista ha tutto il diritto di chiedere la chiusura in qualunque momento, ed a titolo completamente gratuito, come stabilito dalla legge Bersani 223/2006. Il conto deve essere successivamente chiuso entro un lasso di tempo non superiore ai 12 giorni dalla richiesta, altrimenti l’istituto di credito sarà costretto a pagare fino a 64.555 euro di multa.

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