Le tradizionali bollette, vale a dire la “prova” dei consumi effettuati in merito a beni di servizio e risorse, da intere generazioni costituiscono una delle principali preoccupazioni dell’italiano medio, anche a fronte di problemi vecchi e nuovi, come il mancato incremento dei salari che parallelamente vede invece l’inflazione ed i consumi aumentare sempre di più. Le bollette quindi, in particolare dalla seconda metà del 20° secolo, sono divenute un affare di Stato vero e proprio, ed anche i recenti governi hanno dovuto fare il possibile per limitare almeno in parte i rincari anche vertiginosi causati da eventi vari. Anche culturalmente siamo abituati a dover pagare le bollette entro una determinata data, pena una serie di eventi spiacevoli come il distacco della fornitura e tutta una serie di pagamenti ulteriori.
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Tuttavia anche le bollette non rappresentano un fattore “assoluto”, essendo determinate dallo Stato e da tutta una serie di regolamentazioni, che possono portare a confutare e rendere in alcuni casi anche “nulle” le bollette.
Tra i fattori spesso dimenticati sussiste quello della prescrizione, una forma non ufficiale di scadenza che non rendere una bolletta “non più valida” ma che fa perdere potere decisionale anche in merito a distacchi e forme di “morosità“. Se una bolletta si trova infatti nella condizione definibile prescrizione, di fatto non è necessario saldarle.
Dipende dalla data di emissione ma anche dalla tipologia di fornitura.
Quelle della fornitura elettrica cadono in prescrizione dopo 2 anni a partire dal 3 marzo 2018 in poi, quelle del gas hanno una prescrizione di 2 anni dal 2 gennaio 2019, mentre quelle dell’acqua 2 gennaio 2020. Tutte quelle emesse in date precedenti mantengono una prescrizione di 5 anni dall’emissione.
Nessuna differenza per le forniture telefoniche che cadono in prescrizione dopo esattamente 10 anni.
I concetti legati alle prescrizione si applicano anche per i conguagli.