La bulimia è un disturbo alimentare che colpisce principalmente i giovani e si caratterizza per episodi ricorrenti di alimentazione eccessiva seguiti da comportamenti di vomito autoindotto o dall’uso di lassativi. Questa patologia, il cui nome deriva dal greco e significa “fame da bue”, è oggetto di numerosi studi medici volti a comprendere i meccanismi neurobiologici e psicologici sottostanti.
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Le cause della bulimia possono essere diverse, tra cui una predisposizione genetica legata a casi di disturbo alimentare in famiglia o alterazioni nella regolazione dell’appetito causate da disfunzioni neurotrasmettitoriali. Tuttavia, spesso le cause sono di natura socioculturale, come l’influenza di standard di bellezza irrealistici, o legate a esperienze traumatiche come abusi o traumi emotivi.
La bulimia può manifestarsi in diverse forme, tra cui quella nervosa caratterizzata da abbuffate seguite da comportamenti purgativi come il vomito, e quella non purgativa, in cui le abbuffate sono seguite da esercizio fisico intenso o digiuno. Per individuare la presenza di questa patologia, è possibile osservare comportamenti come abbuffate incontrollate e comportamenti purgativi come il vomito autoindotto, l’uso eccessivo di lassativi o il digiuno prolungato. Questi comportamenti sono spesso accompagnati da una preoccupazione eccessiva per il peso e da disturbi metabolici causati dai comportamenti purgativi.
La diagnosi della bulimia richiede una valutazione accurata dei comportamenti alimentari e degli atteggiamenti nei confronti del cibo, oltre a esami fisici e psicologici per valutare lo stato emotivo del paziente. Per quanto riguarda il trattamento, esistono diverse opzioni, tra cui la terapia cognitivo-comportamentale (CBT) per modificare i pensieri disfunzionali legati al cibo e un supporto nutrizionale per ripristinare un peso corporeo sano. È spesso consigliata anche una terapia farmacologica con antidepressivi per gestire la situazione.
Per prevenire la bulimia, è importante educare alla consapevolezza dei disturbi alimentari, in modo da riconoscere e affrontare precocemente i primi segnali del disturbo. Un approccio tempestivo può contribuire a prevenire lo sviluppo di questa patologia e favorire il benessere psicofisico delle persone colpite.
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